La liquidazione controllata del sovraindebitato prevista dall’art. 268 e seguenti del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza deve necessariamente rimanere aperta almeno tre anni per acquisire eventuali beni sopravvenienti.
Lo dice espressamente la pronuncia numero 6/2024 della Corte Costituzionale, che stabilisce, in risposta ad un quesito sollevato dal Tribunale di Arezzo, come fino all’eventuale esdebitazione il liquidatore debba assumere alla liquidazione eventuale patrimonio sopravvenuto, nel quale vanno considerati anche i redditi superiori a quanto previsto per la dignitosa sopravvivenza del debitore e del suo nucleo familiare, come stabiliti con decreto.
La Corte Costituzionale con la sentenza 6 del 2024, detta principi interpretativi anche sulla durata massima della suddetta procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato. Infatti, qualora il debitore ottenga l’esdebitazione allo scadere dei tre anni, la procedura non potrà apprendere patrimonio ulteriore, mentre qualora il debitore risulti immeritevole di esdebitazione il liquidatore avrà il compito di “contemperare” – con riferimento al caso concreto – due esigenze opposte: da una parte quella di una ragionevole durata della liquidazione e dall’altra di acquisire quanto più patrimonio a favore dei creditori.
Da segnalare come nello sviluppo del proprio ragionamento argomentativo, la Corte Costituzionale ritorni sulla funzione dell’esdebitazione confermando quanto già espresso in due precedenti dispositivi. Recita infatti il testo della sentenza: “Quanto all’esdebitazione, tale istituto «comporta la inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata» (art. 278 CCII).
La sua finalità – come questa Corte ha già avuto modo di sottolineare – è quella «di “ricollocare utilmente [il debitore] all’interno del sistema economico e sociale, senza il peso delle pregresse esposizioni” (sentenza n. 245 del 2019)» (sentenza n. 65 del 2022). Nel solco del diritto dell’Unione europea, l’istituto sacrifica le residue ragioni creditorie – comportando una responsabilità patrimoniale limitata nel tempo – onde consentire a debitori non immeritevoli una “ripartenza” (il cosiddetto fresh start).”
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