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Sovraindebitamento e Quote di Proprietà di un Immobile: Cosa Succede?

Le quote di proprietà di un immobile rappresentano spesso una delle situazioni più complesse da affrontare in una procedura di sovraindebitamento. Quanto il debitore non è proprietario dell’intero bene, ma di una porzione indivisa dello stesso, spesso derivante da successioni ereditarie o acquisti in comunione, cosa succede?. In questi casi, è fondamentale comprendere cosa può accadere in ciascuna delle tre procedure previste dalla normativa attuale: piano del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata.

Non fare nulla: la cosa peggiore

Molti debitori non sono consapevoli dei rischi legati alla titolarità di una quota di immobile. Una delle prime informazioni fondamentali da dare è che, se non si agisce, il creditore può chiedere la vendita dell’intero immobile, coinvolgendo anche i comproprietari, spesso familiari o eredi. La legge consente infatti il pignoramento e la vendita del bene intero, anche per un debito che coinvolge solo una quota​, e pochissime persone sono conoscenza di questa cosa, salvo poi disperarsi quanto arriva il pignoramento e l’asta della casa.

Questo può creare gravi tensioni familiari, specialmente quando la comproprietà è condivisa con parenti che nulla hanno a che fare con i debiti.

Attivare una procedura di sovraindebitamento, può invece permettere di raggiungere due scopi:

  1. Sicuramente all’interno della procedura, sono salve le quote dei comproprietari. Infatti la vendita delle quote degli altri proprietari è una norma speciale che si applica solo nelle esecuzioni promosse dal creditore, mentre se il debitore in difficoltà promuove una procedura tra quelle previste dal Codice della Crisi (ex legge 3 2012), i comproprietari sono salvi.
  2. Non sempre, ma spesso, un esperto della normativa sul sovraindebitamento può aiutare il debitore a salvare la quota, non inserendola tra i beni da vendere a favore dei creditori.

Vediamo quindi quali sono  le opportunità offerte dalla norma sul sovraindebitamento ad una persona con problemi nel pagare i propri debiti

Piano del consumatore: possibilità di salvataggio

Nel piano del consumatore, l’obiettivo è garantire al debitore una continuità di vita dignitosa. Se la quota di una casa che è posseduta ha un certo valore, si può tentare di mantenere il bene all’interno del patrimonio, compensando il valore della quota con l’apporto economico del debitore durante la durata del piano. Ad esempio, se la quota vale 20.000 euro e il debitore contribuisce al piano con versamenti  che in qualche anno sono superiori a tale cifra, si ritiene soddisfatta l’alternativa liquidatoria, permettendo il mantenimento della proprietà.

È importante sapere che il valore da “compensare” non è quello di mercato ma quello che i debitori ricaverebbero da una vendita all’asta, per cui molto più basso di quello di mercato.

Liquidazione controllata: la regola della dismissione

Nella liquidazione controllata, la quota immobiliare diventa parte integrante del patrimonio che il debitore deve mettere a disposizione per poter ripagare almeno una parte dei debiti. Il liquidatore tenterà di venderla, ma molto spesso si troverà di fronte a ostacoli oggettivi:

  • Difficoltà di trovare acquirenti per quote inferiori al 50%;
  • Ridottissimo valore commerciale delle quote;
  • Costi di gestione della vendita superiori all’utile ricavabile.

È quindi frequente che il liquidatore, dopo alcuni tentativi falliti, chieda al giudice di escludere la quota dalla procedura, poiché invendibile o antieconomica. Il risultato? Il debitore, una volta conclusa la procedura, può riottenere la piena titolarità della sua quota, ma senza i debiti.

Molto spesso in questo tipo di procedure, sono i comproprietari (di norma familiari) che offrono cifre molto inferiori al valore di mercato, da una parte riscattando quindi il bene, ma anche contribuendo a creare quel minimo di attivo per i creditori necessario per il buon fine della procedura di esdebitazione.

Strategie per il recupero della quota

Anche se la quota viene inclusa nella liquidazione, esistono strategie efficaci per riacquistarla a condizioni vantaggiose, con l’aiuto di persone a supporto del debitore. In genere si procede così:

  1. Viene avviata la procedura e nominato il liquidatore.
  2. Uno dei comproprietari o un familiare del debitore presenta un’offerta per acquistare la quota.
  3. Il liquidatore, valutata la scarsa commerciabilità della quota, accetta un’offerta inferiore al valore di mercato, spesso a cifre molto più basse di quelle di mercato.

Questa possibilità consente di salvare la quota da soggetti terzi e mantenerla all’interno della famiglia.

Quote molto frazionate: un problema (forse) trascurabile

Quote molto ridotte, come un sesto, un ottavo o addirittura un ventiquattresimo, possono risultare del tutto invendibili. In questi casi, è probabile che il liquidatore neppure tenti la vendita oppure che, dopo alcuni tentativi falliti, chieda di escluderle dalla procedura​

Il caso delle coppie con proprietà al 50%

Un’altra situazione frequente riguarda le coppie con immobili cointestati al 50%. Se solo uno dei due coniugi è coinvolto nella procedura, si può procedere alla liquidazione della sua quota, lasciando all’altro comproprietario la possibilità di riscattarla a un prezzo ridotto. Anche qui, la strategia è efficace per ottenere l’esdebitazione e salvare la casa, mantenendola nel nucleo familiare​.

Quando la quota è a rischio perdita

Vi sono invece due casi dove c’è il rischio di perdere tutto l’immobile, ovvero:

  • Quanto l’immobile è facilmente divisibile come ad esempio un terreno. In questo caso il liquidatore procederà con la divisione e poi venderà il bene che ne risulta.
  • Quando è già stato avviato il procedimento per la procedura esecutiva. In questo caso l’apertura di una liquidazione controllata non bloccherà l’asta. La messa all’asta viene rallentata, in alcuni casi anche di anni, ma i creditori mantengono il diritto che hanno acquisito con l’avvio dell’esecuzione, ovvero di vendere non solo la quota ma l’intero immobile

Conclusione

Forse quello che hai letto sopra ti è sembrato complicato e hai le idee confuse. Pensiamo sia normale: la gestione delle quote immobiliari nelle procedure di sovraindebitamento è complessa ma ricca di possibilità se si viene guidate da mani esperte in questo tipo di procedure. Ogni situazione va valutata attentamente: a volte è preferibile cedere la quota, in altri casi si può tentare un recupero familiare o addirittura conservarla all’interno del piano. Il punto fermo resta sempre lo stesso: agire è meglio che subire.

Per affrontare correttamente queste situazioni, Piano Debiti è il miglior specialista a cui affidarsi. L’esperienza maturata in centinaia di casi reali ha portato a soluzioni concrete, legali e sostenibili, sempre orientate alla tutela della persona sovraindebitata.

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Domande Frequenti su Sovraindebitamento e Quote di Proprietà di un Immobile

  1. Posso perdere la mia quota se non partecipo alla procedura di sovraindebitamento?

    Sì, se sei debitore e non attivi alcuna procedura, il creditore può agire per il recupero forzoso del credito anche attraverso il pignoramento dell’intero immobile. Questo può coinvolgere anche gli altri comproprietari, creando tensioni e difficoltà nella gestione del bene. Agire per tempo con una procedura di sovraindebitamento consente invece di proteggere e gestire consapevolmente la propria quota

  2. È possibile mantenere la propria quota anche dopo la procedura?

    Sì, in alcuni casi specifici — ad esempio nel piano del consumatore — la quota può essere mantenuta se il debitore offre un contributo economico adeguato e dimostra che la liquidazione non sarebbe conveniente. Anche nella liquidazione controllata, se la quota è invendibile o poco appetibile, può essere restituita al termine della procedura, senza più i debiti

  3. Cosa succede se la mia quota è molto piccola, tipo un ottavo o un ventesimo?

    Le quote molto piccole, specialmente in comproprietà ereditarie, sono spesso prive di valore commerciale reale. In questi casi il liquidatore, può chiedere l’esclusione della quota dalla procedura per una palese antieconomicità della vendita.  In questo modo il debitore non perde nulla, ma ottiene comunque l’esdebitazione