Riceviamo dall’O.C.C. “A.I.P.S. – OCC Milano” queste due sentenze gemelle recentemente pronunciate dal Tribunale di Milano, in cui si è espresso positivamente sulla possibilità di far accedere alle procedure di sovraindebitamento anche chi è socio illimitatamente responsabile, sia per debiti personali, che per quelli della propria società.
Il caso di specie riguardava in particolare due fratelli (che di seguito chiameremo genericamente “Tizio” e “Caio”), i quali si ritrovavano ad avere un’ingente esposizione debitoria, legata principalmente ad una vecchia SNC famigliare.
Entrambi erano infatti ancora soci di una società inattiva e in liquidazione dal 2012, e che in precedenza era attiva nel settore della lavorazione del ferro e della carpenteria; tuttavia, a causa della crisi che colpì il settore edile, nonché del fallimento di alcuni clienti, con conseguente impossibilità di riscuotere vari crediti, furono costretti a interrompere l’attività.
Trattandosi di una società di persone, però, i soci avrebbero continuato a rispondere, anche personalmente, dei debiti societari, sia verso le finanziarie, sia verso l’Erario.
E, trattandosi di debiti scaduti di circa 300.000 euro, era evidente come nessuno dei due fratelli potesse sperare di farvi fronte, se non accedendo a una procedura di risoluzione dalla crisi da sovraindebitamento.
La situazione dei debitori
Tizio e Caio, infatti, dopo l’interruzione dell’attività aziendale, avevano iniziato a lavorare come dipendenti, ed entrambi avevano un contratto a tempo indeterminato, con uno stipendio mensile netto di circa 1.700 euro.
Tuttavia, non era certo un reddito che gli poteva permettere di far fronte ai debiti accumulati, dato che dovevano ovviamente anche far fronte a tutte le spese necessarie per sostentamento famigliare.
Tizio, ad esempio, viveva sì assieme al padre pensionato, ma con un cedolino di poco più di 800 euro netti, e in un immobile che conduceva in affitto, pagando un canone di 600 euro al mese.
Caio, invece, abitava in un immobile di proprietà della moglie, a sua volta con un reddito di circa 1.500 euro al mese, ma dovevano fare i conti con la rata del mutuo di oltre 600 euro, con quella del finanziamento fatto per l’acquisto della loro auto (altri 300 e passa euro), e oltre tutto crescere e mantenere i loro due figli, di cui uno appena nato.
Era pertanto loro chiaro quanto fosse solo questione di tempo, prima che i creditori andassero a bussare alla loro porta per notificargli uno -o più- pignoramenti dello stipendio, e allora sì che avrebbero avuto difficoltà ad arrivare a fine mese…
La soluzione: il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
Invece, attraverso la decisione di avvalersi della legge sul sovraindebitamento, il c.d. Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, entrambi i fratelli hanno potuto evitare il peggio, uscendo finalmente dall’incubo dei troppi debiti.
La procedura che hanno scelto di presentare, in particolare, è quella che viene definita di liquidazione controllata: con un ricorso, previa attestazione da parte dell’Organismo di Composizione della Crisi (O.C.C.) competente della completezza e attendibilità della documentazione presentata a corredo della domanda, è possibile chiedere al giudice la liquidazione del proprio patrimonio in modo che, una volta terminata la procedura e distribuito il ricavato ai creditori, questi non possano più chiedere nulla per la restante parte.
E’ infatti espressamente previsto dalla legge che, dopo soli 3 anni dal provvedimento del tribunale, venga dichiarata di diritto l’esdebitazione del debitore, ossia la sua liberazione da tutti i debiti confluiti nella procedura.
Inoltre quando, come nel caso di specie, il ricorrente non è titolare di beni di valore che possano essere utilmente destinati al soddisfacimento dei creditori, è comunque possibile accedere alla liquidazione controllata versando loro unicamente quote del proprio reddito, e comunque solo per la parte eccedente l’importo occorrente per il sostentamento proprio e dei famigliari a carico.
In altre parole, così facendo i sig.ri Tizio e Caio hanno avuto la possibilità di fare piazza pulita di debiti, ormai insostenibili, a fronte del solo versamento di una rata mensile sostenibilissima (400,00 euro al mese l’uno, 200,00 l’altro), e per un periodo davvero limitato di tempo!
Liberarsi dai debiti con la liquidazione controllata
Oltre a tutto ciò, dopo essersi riunito, il Tribunale di Milano si è anche pronunciato nel loro caso, con decisione collegiale, per chiarire il dubbio dell’ammissibilità di una procedura di sovraindebitamento per chi è socio illimitatamente responsabile di una società di persone.
Va premesso che tale dubbio originava dal fatto che la legge sul sovraindebitamento nasce per regolare le situazioni di crisi e di insolvenza di consumatori e soggetti che, pur avendo assunto debiti per la propria attività imprenditoriale o professionale, non rientrassero nel campo di applicazione della normativa fallimentare. E, in base a tale normativa, chi è socio illimitatamente responsabile di una società di persone è, in caso di fallimento della società, a sua volta fallibile per estensione.
E il Tribunale di Milano, sul punto, ben argomentando anche in base al dettato normativo del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che non fa preclusioni, ha omologato entrambe le procedure, ammettendo cioè che entrambi i fratelli potessero proporre la procedura tanto per i debiti propri personali, assunti come consumatori, che per i debiti sociali, di cui erano ancora illimitatamente responsabili.
In questo modo, anche se la società era ormai inattiva da anni, è stata data anche a loro la possibilità di quella che il legislatore chiama “fresh start”, di ripartire da zero senza più il peso dei troppi debiti accumulati. Se cerchi informazioni dettagliate sulla procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato, leggi la nostra guida: https://pianodebiti.it/liquidazione-controllata-del-sovraindebitato/
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